Il discorso del Presidente Fabrizio Cesetti durante il Consiglio Provinciale in Seduta Solenne “La Provincia di Fermo e l’Unità d’Italia: una nuova storia 150 anni dopo”.

Sento di dover rivolgere un riconoscente saluto e un ringraziamento a tutti voi per aver accettato il nostro invito; un saluto particolare, mi sia consentito, al primo Prefetto di Fermo Dr.ssa Zarrilli alla quale auguro un proficuo lavoro, ed al Sindaco della Città di Fermo Dr. Di Ruscio - che insieme a tanti altri ha voluto questa nostra Provincia e che giunto alla conclusione del suo secondo mandato voglio ringraziare per l’impegno profuso al servizio della comunità -.

Un saluto, inoltre,  ai Consiglieri regionali, ai Sindaci dei Comuni del fermano, a tutte le Autorità civili e militari presenti, al Procuratore della Repubblica di Fermo, ai Consiglieri e agli Assessori della Provincia di Fermo, ai rappresentanti della stampa e delle associazioni ed enti presenti; un saluto ai cittadini che sono qui ed a tutti quelli che ci ascoltano nella diretta sulla rete.

Un saluto ed un ringraziamento particolare al Professor Alberto De Bernardi che ha voluto onorarci della sua partecipazione e che tra poco ascolteremo con grande interesse.

Questo Consiglio provinciale segue le iniziative che già abbiamo – insieme ai Comuni ed a tante Associazioni – organizzato per il 17 marzo e precede altre, anch’esse molto significative, che seguiranno nei prossimi mesi e ci accompagneranno per tutto il 2011.

Abbiamo ritenuto opportuno porre in relazione la celebrazione dei 150 anni dell’Unità d’Italia, con la nuova storia che, per questo territorio è cominciata – dopo un arco di tempo lungo un secolo e mezzo – con la riconquista dell’autonomia politica ed amministrativa, a seguito della costituzione della Provincia di Fermo.

Una nuova Istituzione della Repubblica italiana, che il fermano tutto ha voluto con determinazione ed ottenuto – è importante ribadirlo mentre festeggiamo l’Unità del Paese – non contro qualcuno, non spinti da un miope spirito localistico o particolaristico, ma per un’esigenza sentita e reale di prossimità al territorio di autonoma programmazione di una società che si sente parte coesa e solidale di una regione e di un Paese.

Il 12 Luglio 2009, giorno del mio giuramento dinanzi a questo Consiglio Provinciale, dicevo infatti:

“Dopo 149 anni, la Provincia di Fermo riconquista la sua autonomia e questo Consiglio, intorno a cui si stringono le Istituzioni del territorio, ne è il simbolo e lo strumento principale.

Dunque, dopo un lungo arco di tempo, dopo una battaglia comune di tanti e di tutte le parti politiche, la storia si riconcilia con se stessa e ci consegna, come sempre accade anche nella vita delle persone, con l’autonomia, una grande responsabilità individuale e collettiva, di cui io sento il peso e la piena coscienza; ma rispetto alla quale mi è di conforto la consapevolezza che avremo al nostro fianco i cittadini dei quaranta comuni del Fermano, i loro amministratori e tutte le istituzioni territoriali.

L’autonomia che questo Consiglio ed il Governo della Provincia incarnano non è, e non sarà, contro qualcuno o qualcosa, ma l’espressione piena della democrazia e della capacità di programmazione di un territorio, in uno spirito aperto al mondo ed alle sfide del futuro.

E’, infatti, soprattutto al futuro che dobbiamo guardare, mettendo a disposizione, senza risparmiarci, la nostra esperienza e le nostre energie per chi dovrà crescere e vivere in questo territorio nei prossimi decenni”.

Così, dunque, un anno e mezzo fa.

E’ cominciata, per il fermano, una nuova storia, che vuole raccogliere il meglio delle tradizioni unitarie, dello spirito democratico e repubblicano che affonda le proprie radici nel patrimonio intellettuale e morale del Risorgimento e, successivamente, nella lotta per riconquistare prima e difendere poi la libertà e la democrazia.

In occasione del 17 marzo, festa dell’Unità nazionale, ho voluto ricordare ai giovani che festeggiavamo, in quell’occasione, anche il tricolore, bandiera che, fin dal Settecento, è simbolo di libertà, uguaglianza e fraternità; valori universali che ci fanno considerare l’identità nazionale senza alcuna chiusura egoistica verso altri popoli; che non identificano l’orgoglio patriottico e l’identità nazionale in un nazionalismo aggressivo, ma in uno spirito aperto e pacifico.

Provare rispetto ed emozione di fronte a questa bandiera significa ricordare che su di essa stanno scritte le idee e i sacrifici di quei giovani che oltre due secoli fa hanno rischiato e perso la vita, e quegli altri giovani italiani che sulle montagne e nelle città, meno di settant’anni fa, hanno combattuto contro la dittatura,  hanno volto lo sguardo verso il futuro, perché noi potessimo essere, oggi, uniti e liberi.

Questi 150 anni si sono svolti lungo un arco storico che abbraccia tre secoli: il XIX°, che ci ha visto nascere come stato unitario e che ha visto nelle rivoluzioni liberali e nella forma dello stato-nazione il suo cuore centrale; questo nostro XXI° secolo che si affaccia sul nuovo millennio e ci proietta nel nuovo mondo globale con le sue contraddizioni in parte note e con sfide inedite ed ancora, per noi, sconosciute; e, in mezzo, quel Novecento, tempestoso, tragico ed entusiasmante, che ci ha visti perdere e riconquistare la libertà, perdere e riconquistare l’unità del Paese, per consegnarci infine questa Repubblica democratica che, con tutti i suoi problemi, con tutte le sue incompiutezze, costituisce il lascito più ricco e fecondo delle tante generazioni di italiani che ci hanno preceduti ed alle quali va, in questo momento di festa, il nostro pensiero di commozione e gratitudine.

E’ soprattutto nella temperie del XX° secolo che ha preso forma lo Stato italiano, che si è perso ed ha saputo ritrovarsi - appunto - nella Repubblica democratica che  oggi ci consente - liberi ed uniti - di misurarci con le grandi sfide mondiali del XXI° secolo.

Unità e libertà sono stati, infatti, per gli intellettuali ed i combattenti del risorgimento italiano, dai primi vagiti delle repubbliche giacobine, dai primi moti carbonari, fino all’impresa garibaldina, valori inscindibili; e valori inscindibili sono per noi, 150 anni dopo.

Valori che, poi, nella lotta di Liberazione, coniugati con i principi di dignità umana, giustizia, solidarietà e pace, declinati nei diritti al lavoro, alla partecipazione, al sapere ed in generale alla moderna cittadinanza democratica, sono stati incisi nella Carta costituzionale che incarna il nesso più profondo tra primo e secondo risorgimento, come ci ricorda Piero Calamandrei in quel discorso ai giovani che rappresenta una delle più importanti lezioni di storia e passione civile della vita politica nazionale.

Questa Costituzione noi abbiamo voluta ristamparla - in occasione di questo anniversario - e la consegneremo, per la Festa della Repubblica, a tutti i giovani della Provincia di Fermo che, nel 2011, diventeranno maggiorenni.

Per questa Festa della Repubblica, in un anno così importante per la storia del nostro Paese - lo dico senza nascondere l’orgoglio per  il nostro territorio - la Provincia di Fermo, unica istituzione locale italiana, è stata ufficialmente invitata dall’Ambasciatore presso il Consiglio d’Europa di Strasburgo a partecipare alla solenne celebrazione di tale ricorrenza; un grande onore che corona il nostro impegno per fare di Fermo una Provincia italiana aperta all’Europa ed al mondo.

Una piccola provincia, la nostra, ma che si sente, insieme ed al pari di tanti altri territori più vasti, custode di valori antichi e profondi, e protagonista – senza presunzioni ma senza complessi di inferiorità – della nostra storia comune, della storia d’Italia e di quella europea; oltre che dell’impegno volto a lasciare, alle generazioni che verranno, un Paese migliore in un mondo migliore.

Per questo scopo morale e civile, tanti prima di noi hanno dovuto e saputo pagare un prezzo molto più alto del nostro impegno e della nostra fatica quotidiana; ma proprio per questo sentiamo che a tale impegno non possiamo e non dobbiamo venire meno.

Siamo consapevoli, infatti, che guidare le Istituzioni e servire il proprio Paese è una grande responsabilità ma anche un grande onore che dobbiamo assolvere con onestà, sobrietà e dedizione perché la politica deve tornare ad essere prima di tutto uno strumento di formazione morale delle giovani generazioni. Perché si possa dire di noi che siamo stati all’altezza del compito che ci è stato affidato.

La storia e le idee del movimento risorgimentale sono ricche di tante fasi, contraddizioni, sfaccettature; come tante ed articolate sono le possibili interpretazioni della loro eredità ed attualità. Non sono uno storico e non è mio compito analizzarle; credo che ad esse farà riferimento, se lo vorrà, il Professor De Bernardi, con l’autorevolezza e la libertà interpretativa che gli derivano da una lunga e qualificata esperienza scientifica e didattica.

Io voglio solo concludere dicendo che guardiamo a questo anniversario - come sempre bisognerebbe fare - con un occhio rivolto al passato e con l’altro ai bisogni ed alle prospettive future; pensando ai giovani che ci sono ed a quelli che verranno.

A loro è rivolto ogni nostro sforzo, ogni nostra energia materiale ed intellettuale; sono loro il senso del nostro lavoro e sono loro che dovranno prendere dalle nostre mani questa Provincia, questo Paese ed il mondo intero e, consapevoli della storia, misurarsi con il loro tempo e con le sfide nuove che esso porterà con sé.