E' trascorso un anno dalla notte del 24 agosto quando si è verificata la scossa che ha provocato il maggior numero di vittime, la maggior parte ad Amatrice, poi ad Arquata ed Accumoli, creando ingenti danni anche al territorio provinciale. Ma da quella notte una sequenza impressionante di eventi sismici di grande rilievo, ha distrutto case, cancellato profili storici di paesi importanti, scavato solchi profondi nelle nostre terre, ma non è stata capace di ha cancellare la dignità delle persone e delle comunità colpite e la speranza di una rinascita di quei territori.
In questi giorni di lavoro intenso, di polemiche, di denunce, di cambi di figure di riferimento nelle responsabilità operative, di dati, di riunioni, sembra che ci siamo dimenticati tutti di un aspetto importante: il vivere quotidiano delle comunità, lo scorrere del tempo e di quali solchi, un evento così disastroso, può segnare nella vita di una comunità, della durezza del trascorrere del tempo e dei nuovi legami che esso genera.
Nasce quindi la necessità di definire (oltreché di attuare) la “ricostruzione” che senza dubbio passa attraverso una nuova costruzione o l’adeguamento degli edifici pubblici e privati. Ma è davvero “solo” di questo che ha bisogno la nostra comunità? Credo fortemente che la ricostruzione deve avere insita un’idea di futuro di comunità se vogliamo veramente che il dramma possa trasformarsi in potenzialità e che la ricostruzione possa segnare una vera rinascita del nostro territorio, colpito così duramente, tra l’altro, in un momento in cui la crisi economica si sta mostrando in tutta la sua durezza.
E’ evidente che per raggiungere appieno tale risultato le Istituzioni tutte si devono compattare e lavorare effettivamente in un unico sistema, costruendo in sinergia una rete operativa, per dare una lettura del territorio che tenga conto anzitutto dei bisogni e delle aspettative dei Comuni del cratere, quelli cioè maggiormente colpiti, ma che non può esimersi dal leggere tali bisogni ed aspettative in maniera integrata con gli altri territori meno colpiti ma ugualmente segnati.
Per cui è ottimo il lavoro di ricostruzione di scuole, di edifici pubblici e privati dei Comuni più colpiti, ma come colleghiamo o meglio come “mettiamo realmente in rete” queste aree con il resto del territorio provinciale? Non credo che qualcuno pensi realmente che sia sufficiente realizzare la ricostruzione di strutture nuove ma vuote, con una comunità che non avrà forza per utilizzarla, per poter affermare di avere raggiunto un positivo risultato. Le nostre aree interne soffrivano già di problemi di isolamento, con contestuale loro spopolamento soprattutto delle popolazioni più giovani.
Ricostruire quindi dovrebbe servire anche a risolvere questi problemi. Pensare che la ricostruzione debba essere una competizione agonistica dove vince quel territorio che ottiene il maggior numero di opere ricostruite e che riporta la propria condizione ad essere uguale a quella di prima del terremoto, senza aggiungere o eliminare o modificare nulla, non avendo in mente il raggiungimento di un obiettivo di più lungo termine con una visione nuova più integrata del futuro di tali aree, può costituire, a mio modo di vedere, una tragica sconfitta delle Comunità, delle Istituzioni ed un voler continuare nel non dare speranze ad un territorio ferito a morte.
Ad un anno dalla prima terribile scossa di terremoto e dopo aver pianificato la ricostruzione delle opere di prima necessità essenziali per la ripresa della quotidianità, il mio augurio ed il mio impegno sono quelli che la ricostruzione più importante e più significativa sia volta a concretizzare quella voglia di rinascita economica, sociale e culturale di un territorio intero che non può più (e non vuole più) essere letto per aree, per parti limitate, ma che deve essere visto nella sua complessità ed interezza per uno sviluppo collegato, armonico ed integrato che parta dalla montagna ed arrivi sulla costa con continui e naturali interscambi. Solo così potremmo ricostruire una comunità e mantenere quella dignità e quella speranza di futuro che il terremoto non è riuscito a distruggere.
Il Presidente della Provincia di Fermo
Moira Canigola