E’ evidente per tutti che la Giunta Regionale delle Marche è stata sempre orientata a non proporre ricorso alla Corte Costituzionale avverso la legge di riordino delle Province.

Nonostante tale facile previsione, bene ha fatto il CAL ad avanzare la richiesta nella seduta del 24/7/2012 e reiterata il 31/8/2012; sul punto, sono confortanti le parole del Segretario Regionale del PD Ucchielli - già Presidente dell’UPI Marche, oltreché della Provincia di Pesaro Urbino e Parlamentare della Repubblica – quando afferma, tra l’altro, “non si può cassare una legge costituzionale con una legge ordinaria. Il ricorso è perciò più che opportuno così come lo era stato per la tassa sulle disgrazie”.

Rispettiamo l’orientamento della Giunta della Regione Marche, anche se non lo condividiamo, ed auspichiamo che il Consiglio Regionale, già investito della questione con la mozione presentata da alcuni Consiglieri Regionali del Fermano, induca la Giunta a cambiare idea.

Ci sia, infatti, consentito osservare che sarebbe risibile assumere una decisione giustificandola sulla base di un primo parere della Prof. Barbara Randazzo dello Studio Onida di Milano secondo il quale “la disposizione statale dell’art. 17 non violerebbe la Costituzione e un ricorso alla Consulta potrebbe essere rigettato”.

A voler tralasciare che in occasione del Decreto Salva Italia la Regione non seguì le indicazioni di Onida, tanto che – a differenza di molte altre Regioni – non fece ricorso avverso l’art. 23, l’asserito parere contrasta proprio con l’autorevole opinione del Prof. Valerio Onida, Presidente Emerito della Corte Costituzionale, già espressa in un mirabile intervento sul quotidiano "Il Sole 24 Ore" del 20/01/2012 alla cui lettura si invitano quanti avranno la responsabilità di assumere decisioni che segneranno per sempre il futuro dei nostri territori e delle generazioni che verranno.

Afferma, tra l’altro, nel citato articolo il Presidente Onida: “Prevedere o meno l’esistenza di enti locali di governo a livello intermedio fra il Comune e la Regione, in tutte le Regioni o solo nelle maggiori, con quali dimensioni e con quali compiti, è un tema costituzionale”.

Ed inoltre: “La Costituzione, confermata sul punto dalla riforma del 2001, stabilisce che ‘la Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato”; ed infine: “E’ evidente che le Province sono previste dalla Costituzione come enti di governo locale elettivi, con un proprio territorio. Si potrebbe cambiare tutto questo? Certo, ma con legge di revisione costituzionale, dopo un approfondito esame della situazione e delle diverse soluzioni possibili, e un adeguato dibattito (in Gran Bretagna formerebbero allo scopo una Commissione Reale)”.

Tanto basta per poter affermare che investire della questione la Corte Costituzionale non è un mero atto di difesa delle Province – questione che per qualcuno può sembrare risibile – ma un atto di difesa della Costituzione e della stessa democrazia, che si dispiega anche attraverso l’azione di tutte le articolazioni della Repubblica.

E, comunque, anche in questa occasione altre Regioni proporranno ricorso alla Corte Costituzionale.

Nel merito, la Giunta della Regione Marche, con l’orientamento di non proporre ricorso alla Consulta e con le dichiarazioni dei suoi autorevoli esponenti, sembra condividere – e questo, lo si ribadisce, è legittimo anche se non condivisibile – il riordino delle Province come previsto dal D.L. 95/2012 e successiva Legge di conversione n. 135/2012 ed attuato, ancor prima del varo di quest’ultima, con atto amministrativo quale è la Deliberazione del Consiglio dei Ministri 20-24/7/2012 che ha stabilito i parametri.

Se così è, la Giunta Regionale non potrà limitarsi a “ratificare” l’orientamento del CAL nella malaugurata ed improbabile ipotesi che esso si esprima per le quattro Province; né potrà avallare eventuali “furbizie” che si stanno delineando a vantaggio di qualche territorio, in quanto l’art. 17 comma 3° ultima parte dispone che: “Resta fermo che il riordino deve essere effettuato nel rispetto dei requisiti minimi di cui al citato comma 2, determinati sulla base dei dati di dimensioni territoriali e di popolazione, come esistenti alla data di adozione della deliberazione di cui al medesimo comma 2.”, non lasciando spazio ad incomprensibili, quanto inammissibili, aggiustamenti.

Siamo certi, in definitiva, che la Regione Marche sarà coerente con il suo pensiero ed all’altezza del compito; per quanto riguarda la Provincia di Fermo si confida in quanto dichiarato dal Vicepresidente Petrini secondo il quale: “Tornare a quattro province sarebbe poco serio e poco utile proprio perché se prevale il principio della deroga viene meno il senso dell’intervento complessivo e governo e parlamento farebbero una figura ridicola. Per questo ritengo improbabile che ci possa essere qualche eccezione. O si va avanti in un modo che rappresenta comunque un’evoluzione oppure tanto vale non fare nulla.”

In definitiva, se l’impianto normativo resterà immutato, il territorio fermano non si sottrarrà alla sfida per costruire una nuova Provincia con un nuovo nome che dovrà nascere dalle ceneri delle attuali tre Province. Un Ente che non avrà, però, alcun peso, i cui organismi non saranno eletti dai cittadini, con competenze limitate e risorse nulle; nel costruire questo Ente di secondo grado ci siederemo alla pari con gli altri due territori, avendo a cuore i concreti e quotidiani interessi dei cittadini e non rispondendo ad astratti criteri.

 

Il Presidente della Provincia di Fermo

Fabrizio Cesetti